La Fiera della Madonna Addolorata: Un Viaggio nel Tempo tra Sacro e Profano

Il Fascino della Tradizione Contadina nel Salento

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Indice
1 – La Fiera della Madonna Addolorata a Presicce
1.1 – La Storia della Fiera
1.2 – La Fiera di Presicce
1.3 – Ricordi di un Tempo Passato
1.4 – La Festa della Madonna Addolorata
1.5 – Giochi e Tradizioni

La Fiera della Madonna Addolorata a Presicce

La Storia della Fiera

Sino agli anni ’50 del secolo scorso, prima del boom economico, nel Salento l’economia locale era prevalentemente contadina. Ogni paese aveva da calendario le proprie fiere organizzate in periodi diversi: una in concomitanza dei primi mesi dell’anno e della primavera con l’inizio della stagione agricola, un paio si svolgevano in piena estate nel periodo della raccolta delle messi e dei prodotti agricoli, e l’ultima era prima dell’inverno. Per dare solennità e sacralità, queste fiere venivano agganciate ad un santo, unendo così il sacro della religione al profano del mercato e dei soldi.

La Fiera di Presicce

Anche Presicce, centro contadino, aveva la sua fiera mercato primaverile che si svolgeva il venerdì prima della domenica delle Palme, in onore della Madonna Addolorata (‘Ndurata). In Piazza del Popolo e nelle vie adiacenti veniva allestito il classico mercato dove si vendeva di tutto, incluso il necessario che serviva per la nuova stagione; ma la parte più bella era la fiera degli animali con relative baracche che si svolgeva nelle vicinanze della Chiesa della Madonna Addolorata, sulla serra. Di questa fiera ormai è rimasto solo un ricordo per i più anziani, poiché già negli anni ’70 la fiera aveva perso tutta la sua grandezza e importanza.

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Ricordi di un Tempo Passato

I miei nonni mi raccontavano che nei pressi antistanti alla Chiesa c’erano le baracche dei fabbri “farrari” che vendevano attrezzi agricoli (zappe, zappette ‘sarchiudde’, aratri, falci, ecc.), gli stagnini “ramari” che vendevano pompe a spalla per irrorare, innaffiatoi, capase, secchi, brocche, pentoloni grandi per la salsa, ecc. tutto in rame o in lamiera zincata perché all’epoca la plastica ancora non c’era, e chi vendeva finimenti “carnamentari”., e altri che vendevano tante cose utili per i lavori che si prospettavano nell’imminente stagione ormai alle porte. Andando avanti sulla strada, lungo i tornanti c’erano gli animali da tiro (asini, cavalli, muli) che non erano altro che i motori dei trattori e dei camion di oggi, in più vi erano gli animali da cortile (conigli, galline, capre, pecore, porcelli, pulcini, vitelli e piccoli vitelli, ecc.), il tutto con un sottofondo di muggiti, ragli, belare di capre e pecore e grugniti di maialini. In quegli anni infatti tutte le famiglie contadine allevavano questi animali nei propri giardini, sui terrazzi, o nei casolari in campagna adibiti a stalla, affidando l’accudimento di galline e conigli ai figli più piccoli.

La Festa della Madonna Addolorata

La festa della Madonna Addolorata era occasione di gioia sia per i bambini che restavano meravigliati e a bocca aperta vedendo tanti animali, sia per i ragazzi più grandi dato che era la prima occasione dopo il freddo inverno, per iniziare a fare le scampagnate e altro, ma anche per i fedeli essendo la prima festa consacrata dell’anno. Infatti la processione partiva nella mattinata dalla Chiesa Madre e procedeva verso la Chiesa sulla serra portando la statua della Madonna per celebrare la messa nella cappella, per poi tornare indietro nel primo pomeriggio.

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Giochi e Tradizioni

Tra i miei ricordi più vividi c’è sicuramente il rumore assordante delle trozzole e delle trumbizze. La trozzola era un giocattolo di legno che con il movimento rotatorio della mano provocava un rumore stridente, e si vendeva solo in questa occasione. Mia nonna infatti mi raccontava che fino a inizio secolo 900 era tradizione legare le campane durante la settimana santa non facendole suonare fino alla domenica di Pasqua, lasciando ai ragazzi accompagnare con il rumore delle trozzole gli eventi della settimana (Sepolcri “Sabburchi” e Via Crucis). Le trumbizze erano fatte con il gambo di avena selvatica “cacchiulu” e i semi si gettavano simpaticamente sulle ragazze come coriandoli, determinando in base al numero dei semi impigliati agli indumenti quanti fidanzati avessero; con la parte finale del gambo i ragazzini facevano il cappio per catturare le lucertole che uscivano dal letargo.

Un Pensiero per i Ricordi

In ultimo vorrei dedicare un pensiero a due persone che non ci sono più: Vincenzo “Nciccu” Maiorano e Adolfo Marasco, ultimi organizzatori della festa e che si prendevano cura della chiesetta sulla serra.

fonte: pagina facebook Presicce n’cera na fiata

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